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AI, lavoro e il tramonto dell’illusione del posto fisso

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E’ passato il primo maggio, festa dei lavoratori, mi ha fatto pensare…

C’è un cambiamento profondo che sta attraversando il mondo del lavoro, spesso ancora sottovalutato, se non addirittura negato. Le aziende tecnologiche più brillanti – come Duolingo, Airbnb e Spotify – non stanno solo “utilizzando” l’intelligenza artificiale: la stanno mettendo al centro del loro modo di esistere. E con questa trasformazione, cambia anche il significato del lavoro umano.

In una recente comunicazione interna, Luis von Ahn, CEO di Duolingo, ha dichiarato apertamente:

“Duolingo sarà una realtà basata sull’IA in primis. […] L’IA sta già cambiando il modo in cui il lavoro viene svolto. Non è una questione di ‘se’ o ‘quando’. Sta accadendo ora.”

Duolingo non è sola. Airbnb ha ridotto le assunzioni e investe in AI per migliorare il supporto e l’assistenza, Spotify ha integrato modelli generativi per produrre e personalizzare contenuti, oltre a loro tante altre. Stanno anche nascendo le prime società AI Agent based solo Agenti AI che svolgono le attività.

La direzione è chiara: automatizzare ciò che può essere automatizzato, liberare l’umano per ciò che ancora non può esserlo.

Il mito del posto fisso

Per decenni, abbiamo costruito intorno all’idea del lavoro un’immagine di stabilità, crescita graduale e riconoscimento. Ma oggi, il posto fisso assomiglia sempre più a un miraggio. Non perché il mondo sia crudele, ma perché non siamo pronti a essere sostituiti.

L’intelligenza artificiale non chiede ferie, non va in maternità, non ha bisogno di motivazione, non cambia azienda. Lavora 24 ore su 24, a costo marginale vicino allo zero. E sempre più spesso, fa meglio e più velocemente lavori che fino a ieri erano “solo per umani”.

Il punto non è se sia giusto o sbagliato. Il punto è che sta succedendo.

La scuola forma per un mondo che non esiste più

Le scuole, le università, i percorsi di formazione professionale continuano a preparare lavoratori per compiti che già oggi l’AI sa fare meglio: generare testi, analizzare dati, disegnare layout, scrivere codice. Il mercato si evolve in tempo reale, mentre i percorsi formativi procedono con inerzia.

Questa discrepanza rischia di produrre generazioni di persone formate per ruoli obsoleti, mentre cresce la domanda di nuove competenze: pensiero critico, capacità di porre le domande giuste, etica della tecnologia, creatività applicata.

E qui emerge il nodo cruciale: non possiamo più pensare al lavoro come una somma di mansioni ripetitive. Chi continuerà a sopravvivere professionalmente sarà chi saprà comandare, progettare o affiancare sistemi intelligenti, non chi li vedrà come rivali.

Le nuove regole del gioco

Luis von Ahn è stato esplicito:

  • Duolingo cesserà gradualmente di usare contractor per lavori che può fare l’AI.
  • L’uso dell’AI diventerà criterio di assunzione e valutazione interna.
  • L’espansione dei team sarà concessa solo quando l’automazione non basta.

Non è una dichiarazione di guerra ai lavoratori, ma un atto di lucidità: in un mondo dove l’AI può fare il lavoro ripetitivo, alle persone viene chiesto di essere sempre più straordinarie.

“Vogliamo che vi concentriate su lavoro creativo e problemi reali, non su compiti ripetitivi”, scrive von Ahn ai suoi dipendenti.

Conclusione: adattarsi o restare indietro

Il cambiamento fa paura, ma è irreversibile. Ignorarlo oggi significa essere sorpresi domani.

Non tutti saranno sostituiti, ma quasi tutti dovranno cambiare. Le aziende stanno già riscrivendo le regole del gioco. Ora tocca a noi – individui, scuole, istituzioni – decidere se vogliamo rimanere giocatori o diventare spettatori.

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Roberto Beccari
Pubblicato inAI & BotLavoroSocietà

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