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HTML e CSS: stiamo perdendo la conoscenza?

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Negli ultimi anni mi capita sempre più spesso di osservare un fenomeno curioso, e per certi versi preoccupante: HTML e CSS, le fondamenta del web, sembrano progressivamente scomparire dalla scena pratica dello sviluppo. Intendiamoci, sono ancora lì, silenziosi e onnipresenti sotto ogni interfaccia digitale che navighiamo quotidianamente. Ma nel concreto, nel lavoro quotidiano di sviluppo, vedo che la conoscenza diretta di questi linguaggi è sempre più sacrificata sull’altare della velocità, della produttività, dello standard già pronto.

Framework come React, Vue o Angular hanno semplificato e accelerato enormemente la creazione di interfacce complesse, fornendo template, componenti riutilizzabili e astrazioni che mascherano quasi completamente la necessità di scrivere codice HTML “nudo e crudo”. Per la parte di stile, il fenomeno è forse ancora più evidente: l’ascesa di utility-first framework come Tailwind CSS ha cambiato radicalmente il modo di pensare ai fogli di stile. Non più regole CSS astratte, ma classi già pronte, riutilizzabili, veloci da applicare.

Il risultato? Sempre più sviluppatori si muovono in un contesto nel quale il contatto diretto con HTML e CSS è minimo o assente. Tutto passa attraverso livelli di astrazione e strumenti che, sì, sono più efficienti, ma che rischiano di trasformare il developer in un mero operatore di strumenti preconfezionati.

Il mito della velocità e l’illusione della sostituibilità

“Perché perdere tempo a scrivere codice a mano quando posso usare strumenti come Webflow, Framer, o il più recente Canva Codes?”

È una domanda che sento spesso. E la risposta più gettonata è: “Non serve più. Gli strumenti ormai fanno tutto”. È vero. La tecnologia low-code e no-code sta avanzando a ritmi vertiginosi. Strumenti come Locofy, TeleportHQ, Framer AI e persino Lovable promettono di generare intere interfacce web partendo da semplici prompt o bozze grafiche.

Il nuovo Canva Codes, ad esempio, permette di generare codice web funzionante partendo da template visuali e blocchi modulari. Un sogno per chi vuole produrre landing page e siti vetrina in pochi click. Ma è proprio qui che si nasconde il rischio: in questo approccio, l’utente finale non ha più bisogno di sapere cosa c’è “sotto il cofano”. Non è più importante comprendere l’HTML, i selettori CSS, il box model, o la semantica. Basta che il risultato funzioni.

E allora la domanda diventa: ha ancora senso studiare le basi?

La diversità che stiamo sacrificando

C’è un altro aspetto che mi lascia perplesso: l’omologazione. Usare gli stessi framework, gli stessi template, le stesse librerie porta inevitabilmente a una standardizzazione estetica e funzionale del web. Le interfacce diventano sempre più simili, uniformi, prevedibili. La diversità, intesa come capacità creativa di andare oltre lo standard imposto dal framework, viene sacrificata in nome della velocità.

Eppure, la vera innovazione spesso nasce proprio dalla capacità di “sporcarsi le mani”, di uscire dai binari, di conoscere a fondo le regole per poterle infrangere consapevolmente. Se perdiamo la conoscenza delle basi, perdiamo anche la capacità di reinventare, di esplorare, di creare qualcosa di davvero diverso.

Stiamo andando verso un futuro di consumatori di strumenti?

Probabilmente sì. L’evoluzione naturale dell’industria tecnologica punta verso strumenti sempre più accessibili, user-friendly, democratici. Chiunque potrà creare siti web, interfacce, applicazioni senza scrivere una riga di codice. Questo è il trend. Gartner nel suo ultimo rapporto prevede che entro il 2027 oltre il 65% delle applicazioni saranno sviluppate con approcci low-code o no-code.

Ma cosa succederà quando questi strumenti avranno dei limiti, dei bug, o semplicemente quando vorremo uscire dallo schema predefinito? Saremo ancora in grado di intervenire? O dovremo affidarci ciecamente a chi ha scritto quel motore che genera tutto per noi?

E allora… studiare le basi ha ancora senso?

Probabilmente no. O forse sì. Dipende da che tipo di professionista vuoi essere.

Se ti accontenti di usare strumenti e template preconfezionati, la risposta è no.

Ma se vuoi essere davvero libero, capace di creare, di innovare, di intervenire nei dettagli più nascosti, la risposta è ancora sì, oggi più che mai.

La conoscenza delle fondamenta non è un fardello del passato. È una bussola per il futuro.

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Roberto Beccari
Pubblicato inBlogCSSFuturoHTMLLavoro

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