“Il Web è stato progettato per essere uno spazio universale, accessibile da chiunque, ovunque.”
— Tim Berners-Lee
C’era una volta Internet. Una rete nata per condividere liberamente conoscenza, collegare persone, costruire ponti tra mondi diversi. Un luogo aperto, accessibile, decentralizzato. Chi ha vissuto i primi anni del Web ricorda con entusiasmo un mondo nuovo da esplorare, dove ogni clic era una scoperta, ogni sito una porta aperta sulla creatività altrui.
Oggi quella visione sembra lontana. E una domanda si fa sempre più urgente: stiamo perdendo Internet?
Dal Web 1.0 al 3.0: un’evoluzione (involutiva?)
Abbiamo imparato a distinguere il Web 1.0, fatto di pagine statiche e siti vetrina, dal Web 2.0, quello partecipativo, sociale, in cui tutti potevano produrre contenuti. Poi è arrivato il Web 3.0, promesso come rivoluzione decentralizzata, basata su blockchain, identità digitali e autonomia individuale.
Ma la realtà è diversa: il Web si è evoluto, sì, ma la sua gestione si è sempre più accentrata. I grandi soggetti privati – Meta, Google, Amazon, Apple, TikTok – hanno preso il controllo delle interfacce, dell’accesso, dell’esperienza.
L’interfaccia è cambiata: ora c’è l’AI
Con l’arrivo delle intelligenze artificiali generative, qualcosa è cambiato ancora più profondamente. Per cercare un’informazione, non si usa più un motore di ricerca, si fa una domanda a un assistente AI. Per organizzare un viaggio, si usa un’app. Per imparare qualcosa, ci si affida a un video “short”, non a un forum o un blog.
Stiamo costruendo uno strato di astrazione sopra la rete. E in questo strato, non vediamo più cosa c’è sotto. Non sappiamo da dove proviene un’informazione, chi l’ha creata, se è verificata. L’AI ci dà una risposta e noi ci fidiamo. Ma la rete, quella vera, è nascosta.
Aprire un negozio? Usa i social, non un sito
Un tempo, se volevi vendere online, la prima cosa che facevi era creare un sito web. Ora ti dicono: “Apri una pagina Instagram, un account WhatsApp Business, un profilo TikTok”. Gli e-commerce si spostano dentro le piattaforme, che offrono strumenti semplici, sì, ma a costo della libertà e del controllo.
Lo stesso accade per l’informazione, la cultura, la musica. Tutto è dentro un’app. Tutto è mediato da un algoritmo. Internet non è più un mare aperto: è un insieme di laghi recintati.
Censura e servizi a pagamento: due facce della stessa prigione
Un’altra minaccia silenziosa è la censura selettiva, esercitata sia da governi autoritari sia da piattaforme private. Interi siti vengono oscurati, contenuti rimossi, voci critiche silenziate – spesso senza un processo trasparente, senza diritto di replica. L’idea di una rete libera si scontra con l’interesse politico e commerciale di controllarla.
In parallelo, servizi un tempo gratuiti diventano a pagamento, o limitati a chi può permettersi l’accesso premium. L’informazione di qualità, l’educazione online, persino la visibilità sui social sono ormai beni venduti al miglior offerente. La rete, da strumento di democratizzazione, rischia di diventare uno strumento di esclusione.
Cosa stiamo perdendo davvero
Dietro questa trasformazione c’è una perdita sottile, ma enorme:
- Perdiamo la scoperta non filtrata. Navigare oggi è come sfogliare un catalogo su misura: ti mostrano solo ciò che (secondo loro) vuoi vedere.
- Perdiamo la creatività libera. I contenuti nascono per piacere agli algoritmi, non per esprimere un’idea autentica.
- Perdiamo la trasparenza. Non sappiamo più chi controlla i dati, da dove arrivano le informazioni, come vengono classificate.
- Perdiamo la rete come luogo pubblico. È diventata una somma di spazi privati.
- Perdiamo l’accesso universale. Tra censura e paywall, il sapere torna a essere un privilegio.

Internet oggi: una scatola nera?
La rete esiste ancora. Esistono i server, i cavi, i protocolli. Esistono ancora i siti indipendenti, i blog personali, i progetti open source. Ma sono sempre più invisibili, sepolti sotto strati di applicazioni, interfacce, store, feed.
Vediamo solo quello che altri hanno deciso di mostrarci. La rete, quella vera, è diventata una scatola nera.
C’è ancora speranza?
Sì, ma dobbiamo ritrovare consapevolezza. Dobbiamo ricordarci che possiamo ancora:
- Navigare fuori dalle piattaforme.
- Leggere fonti originali.
- Pubblicare su spazi indipendenti.
- Usare motori di ricerca diversi.
- Costruire siti, blog, progetti fuori dai recinti chiusi.
- Sostenere economicamente chi crea contenuti liberi, senza algoritmi e senza censura.
Forse non riavremo mai più “Internet come una volta”. Ma possiamo ancora difendere l’idea di una rete aperta, costruita dalle persone, per le persone.
“Abbiamo costruito il Web, possiamo ricostruirlo. Possiamo scegliere una rete diversa.”
— Anonimo, ma potrebbe essere ognuno di noi
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