Proprietà intellettuale, la mia opinione

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Sempre di più il software e lo sviluppo in generale, ricoprono un ruolo fondamentale dell’idea. Le startup sviluppano app, servizi, sensori e tutto quello che vi viene mente e dietro a tutto questo c’è lo sviluppo di software.

Di chi è l’idea, di chi è la proprietà intellettuale, diventa un argomento di primaria importanza.

Facciamo un esempio: Sono un programmatore, arriva da me un cliente che ha un’idea e dice che vorrebbe realizzarla. Concordiamo le caratteristiche, l’interfaccia e l’esperienza utente, mi suggerisce alcune applicazioni che fanno cose simili, giusto per farmi capire meglio quale risultato vorrebbe ottenere, e io parto.

Inizio lo sviluppo, creo l’interfaccia, produco il risultato richiesto, si fa test, debug, deploy in produzione, funziona, finito.

Ad un certo punto, il cliente fa notare che la proprietà intellettuale dell’applicazione è sua, perché lui ha avuto l’idea.

Ecco, queste sono le cose che lasciano perplesso. Ho fatto un po di ricerche per approfondire, anche se avevo le idee abbastanza chiare, e mi sono fatto la mia opinione.

PREMETTO
Nell’articolo abbino la proprietà intellettuale al codice sorgente perché il secondo è il vestito con il quale ho dato forma al primo, di fatto sono due cose distinte e anche dal punto di vista giuridico sono gestibili separatamente.

Ho lavorato a progetti nel quale era evidente che la proprietà intellettuale non fosse mia, ero un esecutore, altri nei quali era condivisa.

Premetto che la cosa dal punto di vista giuridico è complessa e non sempre chiara, come molto spesso accade in questo paese. Questo rende l’argomento alquanto spinoso, ci sono però dei punti fermi che permettono di trovare l’indicazione migliore per chi si deve “proteggere” da richieste di questo tipo.

Non sono un avvocato e ho la certezza che, un avvocato, sarebbe in grado di ribaltare la cosa a piacere proprio perché, dal punto di vista legislativo, non c’è qualcosa che dice realmente come deve essere ma tante indicazioni “a sentimento”. Qualcosa c’è, non vi preoccupate.

Ovvio che se c’è un contratto nel quale viene messo nero su bianco che tutto il materiale scritto, sorgenti, risorse, ecc. devono essere consegnate al cliente, ebbene, quello è scritto è così deve essere, forse c’è qualche scappatoia e in questo caso persone più preparate sull’argomento fanno al caso vostro.

La proprietà intellettuale, in diritto, si riferisce all’apparato di principi giuridici che mirano a tutelare i frutti dell’inventiva e dell’ingegno umano. Sulla base di questi principi, la legge attribuisce a creatori e inventori un vero e proprio monopolio nello sfruttamento delle loro creazioni/invenzioni, ponendo nelle loro mani gli strumenti legali necessari per tutelarsi da eventuali utilizzi a scopo di lucro da parte di soggetti non autorizzati.

Certo, detto così è drammatico, nel senso che se davvero fossimo così rigidi, almeno nel nostro campo, non ci sarebbe il Software Open Source, nessuno sarebbe in grado, di fare innovazione partendo dal lavoro fatto da altri.

Mettiamo in chiaro che il Software Open Source, per chi facesse finta di non saperlo, non è gratuito, è libero e disponibile proprio con l’idea che possa essere migliorato da chiunque ci voglia investire. Per questo motivo le migliorie dovranno essere a loro volta disponibili per la comunità. Ci sono licenze che regolano anche questo tipo di distribuzione del codice.
OPEN SOURCE NON E’ GRATIS.

Il altri ambiti invece la proprietà intellettuale ha lo scopo di tutelare inventori e creatori per proteggere la loro conoscenza, perché, come spesso accade, la ricerca e sviluppo non sono mai considerati tempo pagato, ma se non fai ricerca e sviluppo, come fai ad innovare? Se non fosse così non saremmo mai stati in grado di evolvere in maniera così “ordinata”. La proprietà intellettuale può essere usata anche come leva per la crescita se gestita in modo corretto e condiviso perché porta vantaggio e fa crescere tutti.

Le nazioni dovrebbero investire sempre in innovazione.

Restiamo sul racconto. La legge dice che ciò che è prodotto, il risultato, appartiene al committente, i contratti servono a questo, compri un risultato, non il modo con il quale quel risultato è ottenuto. Come è stato raggiungo invece è frutto dell’intelletto del programmatore, o del creativo di turno, quindi è di sua proprietà perché è ciò che sa fare.

Dal mio punto di vista, non è una questione di gelosia del codice o simile, scrivo così tanto codice che non ne sono innamorato e soprattutto in rete ci sono tanti esempi dai quali può tratte giovamento, tenere segreto non serve a nulla.

Pensate se fosse vero il contrario, cioè, la proprietà intellettuale di quello che viene viene creato appartiene a chi te lo ha commissionato. Ci troveremo in una situazione nella quale, non possiamo più usare lo stesso flusso, le stesse logiche e non possiamo usare lo stesso codice scritto, o parti di esso, per altre applicazioni. Folle!

Un grafico al quale viene richiesto un volantino pubblicitario da un cliente. Il cliente possiede il risultato e paga il tempo che è stato investito sull’attività. Il file di Illustrator o di Photoshop realizzati per ottenere il volantino, potrebbero essere usati per fare altri volantini con la stessa logica per clienti diversi. Se la proprietà intellettuale fosse del cliente, il grafico potrebbe non poter più fare altri lavori perché sarebbe il cliente a detenere la proprietà della metodologia usata per farlo.

Attenti però, vi faccio alcuni esempi:

  • Il cliente collabora con voi alla stesura dei flussi
  • Il cliente lavora sul parte del codice sorgente
  • Il cliente definisce per filo e per segno come scrivere il codice e come strutturare le dinamiche dell’applicazione

In questi o casi simili, la questione è totalmente diversa, la proprietà intellettuale potrebbe essere del cliente o in parte comune, lui ha collaborato alla definizione dell’applicazione e a come ottenere il risultato finale.

Ripeto, è un argomento molto ampio ma non sempre così limpido in ogni suo passaggio. Consiglio sempre di specificare, già in fase contrattuale, se cedere anche il codice o meno. Il vostro cliente potrebbe anche prendere il sorgente che gli date e darlo ad altri fornitori.

Se siete stati voi a realizzare per intero il flusso, tutto appartiene a voi, se anche date il codice sorgente, al quale dovete sempre dare un valore, siete voi ad averlo realizzato quindi la proprietà intellettuale è solo ed esclusivamente vostra e la potete riutilizzare per creare altre mille applicazioni che faranno la stessa cosa. Attenzione a non usare lo stesso nome, la stessa grafica e gli stessi loghi, ho preferito specificarlo ma era scontato.

Dal punto di vista giuridico c’è ancora tanto da fare. Oggi, se sei dipendente, per legge ciò che fai appartiene o dovrebbe appartenere all’azienda per la quale lavori. Se invece sei un libero professionista, potresti inciampare in situazioni nelle quali ciò che fai appartiene per intero alla società con la quale stai collaborando perché potresti, nell’arco di tempo per il quale lavori per loro, essere equiparato ad un dipendente. E’ una linea molto sottile, in fase di accordi, se ritieni questi argomenti importanti per il tuo lavoro, fai chiarezza.

L’impegno nello studio, nella formazione, nell’aggiornamento deve sempre essere premiato e pagato, la ricerca e lo sviluppo deve essere sempre riconosciuto, basta ridurre sempre tutto ad una banale questione materiali. Essere un bravo professionista richiede molti sforzi dietro le quinte, fatevelo riconoscere.

Forse qualcuno di voi ha un’idea diversa o conoscendo meglio l’argomento, può dare indicazioni in merito. Mi piacerebbe sapere la vostra.

Grazie a tutti.

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Roberto Beccari
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Roberto Beccari

Mi chiamo Roberto, da più di 20 anni mi occupo di programmazione e usabilità, inoltre sono un fanatico della tecnologia. In questo blog parlo di quello che faccio, di come lo faccio e descrivo il mio modo di vedere il mondo attorno a me. Se vuoi conoscermi e scambiare idee, la mia mappa è sempre pronta per essere estesa anche alle idee degli altri.

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